La Costituzione Italiana, Art. 3 : Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

giovedì 25 febbraio 2010

Fortuna o Destino?


Il tessuto sociale su cui è intrecciata la trama dei rapporti tra le persone è imbevuto di qualcosa che lo fa assomigliare più ad un caos emozionale piuttosto che ad uno scambio di risorse e di opportunità, una sinergia di diverse abilità che dovrebbero aiutarsi vicendevolmente nella crescita e nell'attuazione di quella realizzazione di cui si parla nella costituzione. L'altro giorno mi è capitato di discutere con un tale sulla differenza che c'è tra fortuna e destino. Si discuteva della improbabile vincita ad un qualsiasi gioco. Lui diceva che è questione di fortuna, io sostengo che è destino. Non voglio discutere sul fatto che sia giusta la mia o la sua definizione. Ambedue hanno la loro ragione. Ma che sia la stessa cosa, come sosteneva il tizio, assolutamente no! Io credo che ognuno sia artefice del suo destino, e dietro questa affermazione voglio significare che non accetto tutto ciò che accade supinamente. Affidarsi alla fortuna è come aspettare che ti arrivi la manna dal cielo. Questo è esattamente l'atteggiamento di un popolo assuefatto dalla televisione, preda dei gratta e vinci, che non fa nulla per cambiare il corso di una storia nefanda che ci sta travolgendo, attraverso gli episodi di malaffare: mafia, corruzione, nepotismo, evasione fiscale, ruberie e crimini ai più alti livelli sapientemente mascherati, e che quando vengono scoperti suscitano, in un popolo assuefatto dalla defilippi e dal grandefratello, una tiepida, se non nulla, ma comunque sempre non adeguata risposta.

Credere, come me, nel destino, vuol dire che, rimboccandosi le maniche, ci si può adoperare per cambiarlo. Significa cercare di porre rimedio a ciò che, tanti anni di fatalismo della fortuna hanno creato, assieme all'ordito sapiente di chi è riuscito a coltivare nella popolazione questa convinzione. Come si può ancora credere che un colpo di fortuna ti cambi la vita? Non lo so. Forse la mancanza di una coscienza storica gioca, però, un ruolo importante. Certo, non manca l'esempio di quello che con un euro ne ha vinti centomila, o un milione (classica obiezione di chi crede nella fortuna), ma, voglio dire, questo contribuisce a mettere a posto il panorama nazionale, o piuttosto, come dovrebbe, fa incazzare per la mala distribuzione delle risorse? E così anche un altro schiaffo a chi vive di stenti è stato dato... Non è fortuna questa. E' il "contentino" che viene elargito per sedare gli animi, e far credere che tutto è possibile. Ma solo perché c'è chi ci crede.

Bravo! E dopo che hai vinto il tuo milione di euro cosa fai? Te ne freghi degli altri e te lo godi!!! Bravissimo! Suscitando l'invidia e l'approvazione di tanti altri, che al posto tuo farebbero lo stesso, ma che in fono in fondo ti detestano: perché tu ce l'hai fatta e loro no. AAAHH, che soddisfazione! Credo che sia proprio questo che si sta facendo: indebolire il tessuto sociale per asservirlo. La fortuna in cui crede il tale delle faccenda in esame, in parole povere, è artificio. Il destino di cui parlo io, è in divenire. E' necessario costruirsi il futuro con la fatica delle proprie mani. Chiaramente è faticoso e snervante, invece sedersi in poltrona e pensare che prima o poi ci cadrà addosso la fortuna, è comodo tanto quanto sbagliato: nei fatti sta avvenendo un peggioramento che coinvolge tutti e col quale tutti, prima o dopo, avremo a che fare. La colpa maggiore ricadrà nell'animo di chi non si è svegliato dal suo torpore, coinvolgendo nel disastro anche chi ha fatto tutto quanto gli è stato possibile per evitarlo.

Io non credo nella fortuna. Credo invece nel susseguirsi di causa ed effetto; credo che se una società matura avesse insegnato gli sbagli commessi nella storia, invece di nasconderli o riscriverli come atti ineluttabili quando non, addirittura, ridefinirli giusti (causa), ora non ci ritroveremmo a commettere di nuovo gli stessi errori ed a vanificare le poche giuste conquiste (effetto). E tu, credi nella fortuna o nel destino?

giovedì 18 febbraio 2010

100 anni fa’


Voglio fare una breve analisi di cosa c'era e non c'era cento anni fa. Attraverso questo ragionamento voglio solo rendermi conto di cosa abbiamo raggiunto, cosa si è instaurato e cosa è stato demolito, ed, eventualmente, cosa abbiamo perso nell'arco di cent'anni.

Dunque. Cento anni fa non c'era la televisione. Questa è la prima cosa che mi viene in mente, dal momento che fa così tanto parte della vita della gente. Non c'era il telefono così come lo conosciamo oggi, ma neppure come lo conosciamo a partire dalla metà del secolo scorso. Infatti era appannaggio di pochi; vent'anni fa non c'erano i telefoni cellulari (i primi già si mostravano, ma erano poco meno che mattoni, ricordo che erano enormi e costosi, con antenne di 30 o 40 centimetri). Cento anni fa non si poteva ancora partorire in sicurezza, la medicina era molto indietro, ma lo sviluppo industriale cominciava con l'inquinamento ambientale, e si può dire che da qualche anno si cominciava a fare dei danni a quel livello. I lavoratori non avevano diritti (come oggi). I sindacati erano ancora lontani (come oggi), e chi aveva soldi voleva tenerseli stretti e, semmai, farne sempre di più, senza curarsi troppo del modo (come oggi). Una quarantina di anni fa, attraverso una strenue lotta della classe operaia, che affonda le sue radici negli albori della storia, conoscendo soprattutto sconfitte, abbiamo ottenuto il riconoscimento a diritti inviolabili, come ad esempio un salario dignitoso, che sono saltati negli ultimi dieci anni. Oggi essere iscritto ad un sindacato rappresenta un ostacolo, in alcuni settori più che in altri, che impedisce l'affermarsi del diritto alla crescita professionale del lavoratore; quand'anche non fornisca un pretesto per trattarlo con discriminazione penalizzandolo gravemente con orari infami o lavori degradanti senza rotazione, viene visto dal padrone con sospetto, come fosse una minaccia di cui sbarazzarsi alla prima occasione.

Cento anni fa, non c'erano le automobili, inteso come bene diffuso, alla portata di tutti. Ancora si andava col calesse, chi lo aveva, ma i poveri a piedi, e i poveri più fortunati in bicicletta. Non c'era un'aspettativa di vita molto lunga, ma spesso, vivendo di stenti, mi chiedo se non fosse una fortuna. L'alternativa era essere ricchi, ma anche qui, il denaro non poteva comprare cure che ancora non c'erano. Per cui si viveva per meno tempo. Ma c'è da precisare che tante malattie erano meglio tollerate e combattute, da un fisico sano, fisico di persona che non deve patire la fame o vivere nella sporcizia.

Cento anni fa c'era Antonio Gramsci, oggi abbiamo Massimo D'Alema. Cento anni fa non c'era il festival di San Remo, e chi si provava a fare una politica a favore dei lavoratori... beh, erano cavoli amari. Le donne non avevano il voto. C'era la monarchia. Non c'era il fascismo – mancava poco – che invece oggi c'è, anche se in forma diversa dal ventennio. Infatti è una delle forze negative che si sa adeguare ai tempi, dissimulandosi, trovando nuove forme, eludendo la critica di menti deboli attraverso canali di propaganda sottili e studiati, che ti fanno mandare giù la cacca anche se è amara, ma solo perché di un altro colore. Si è appropriato dell'azzurro, senza però abbandonare il nero della sua anima. Gli emigranti eravamo noi, poveri in canna in cerca di lavoro all'estero. Non so per quanto riguarda la corruzione, ma sicuramente il livello più sviluppato lo abbiamo raggiunto ai tempi nostri. Il reticolo affaristico/politico/mafioso/imprenditoriale, così come lo conosciamo (?) oggi, cent'anni fa non c'era. Ma qualcuno mi dica se sbaglio.

Non c'era l'energia nucleare, non c'era la plastica (viene ipotizzata nel 1920 – da Wikipedia), ma c'era quella voglia di fare male agli altri che ha permeato continuamente le vicende umane. Si potrebbe dire che, a parte qualche dettaglio, non è cambiato nulla, dal punto di vista umano. Appena ha potuto, chi di dovere, ha smantellato tutte le conquiste positive raggiunte da parte della collettività. Poiché tali conquiste, lo ponevano qualche gradino in meno al di sopra degli altri, e non sia mai! Qui entrano in ballo i dettagli di cui sopra, per nulla irrilevanti. Adoperati coscientemente e scientificamente da alcune lobby, hanno contribuito a domare gli animi ed a sedare lo spirito critico contenuto in essi. Si prospetta, se non ci si da da fare, la nascita di generazioni votate alla sottomissione. E con la manovra della manipolazione storica, nessuno potrà venire a conoscenza delle lotte fatte per la libertà.
Voglio chiudere questo post con l'adesione all'editoriale di Antonio Padellaro su "il Fatto Quotidiano" di martedì 16 febbraio. Anche io sono indignato per come vengono trattati bambini di un asilo, imbacuccati nei loro cappottini, dentro ad un'aula di una scuola materna senza riscaldamento, portato alla luce da un inchiesta di "Presa Diretta", il programma di RAI3, andato in onda domenica 14 febbraio scorso. Anche io mi chiedo: dov'è la civiltà di questa politica di tagli indiscriminati? E l'opposizione va al festival. Almeno 100 anni fa' non c'era, il festival.

domenica 14 febbraio 2010

I tempi nostri, nostri...


Sono convinto che a noi, di quello che sta realmente accadendo, venga detto, si e no, un decimo. Oramai, da Berlusconi a D'Alema, da Marrazzo a Bertolaso, passando per tutte la boutade del presidente del consiglio con relative smentite, e smentite delle smentite; l'unica cosa che si capisce chiaramente, che dovrebbe essere nitida anche al più imbecille degli italiani, è il traffico affaristico che c'è dietro al teatrino messo su da costoro. La mia unica speranza è che almeno la magistratura faccia il suo dovere. Resta comunque il buco, anzi l'abisso legislativo ed ancor più istituzionale in cui ci hanno condotto. Dalle dichiarazioni di Montezemolo -"la fiat non ha preso un euro dal governo"- a quelle di Marchionne, che vuole recidere il "ramo secco" di Termini Imerese, ed ora con lo scandalo annunciato (non per vantarmi, anzi, è da molto che giravano anche i filmati su Youtube) anche in un mio vecchio post, sulla Maddalena, che coinvolge al Protezione Civile. La vergognosa ricaduta affaristica del terremoto de L'Aquila non la voglio tirare in ballo perché è troppo disgustosa. L'articolo di Giuseppe D'Avanzo su La Repubblica, spiega molto bene il perché Bertolaso si dovrebbe dimettere senza indugi, senza aspettare il consenso di alcuno. Eppure la trasparenza in Italia continua a non essere di casa.

Che dobbiamo fare? C'era bisogno di Mieli, ad Annozero, per farci capire che sta per saltare il tappo? Non lo sappiamo già da almeno un anno e mezzo? Già da prima, cioè, che iniziasse la crisi? Eppure i segnali c'erano, e hanno intensificato il loro influsso man mano che passava il tempo. Vorrei tanto (ingenuo, ricordate?) che la gente cominciasse a comportarsi bene gli uni con gli altri. Già questo sarebbe un inizio per una presa di coscienza.

L'altro giorno, stavo andando in pausa pranzo, chiudo la mia postazione (lavoro in un supermercato), e mentre mi incammino verso il corridoio centrale, una signora con sguardo altero e superiore, fa per uscire proprio di lì, nonostante sbarra e catenella ad impedire il passaggio. -"Signora, scusi, non si può passare per questa cassa, per uscire c'è l'apposita uscita senza acquisti. Se i miei superiori dovessero vederla mentre io sono ancora qui, mi sgriderebbero sicuramente..." Lei –"Pazienza!" e passa quasi non degnandomi di uno sguardo. In Italia le regole è bello infrangerle... Anche se preferirei infrangere il culo - con una pedata - di quelli che le infrangono! Questo è un comportamento largamente diffuso, che non tiene conto della ricaduta che ha anche su coloro che lo applicano. Ed è generato proprio da quell'ignoranza civica di cui si parla nel post di Obbie. Infrangere le regole è diventata una cosa da furbi, di cui vantarsi: "E' insostenibile che sulle spalle di una maggioranza silenziosa, al limite del lassismo (lo si rischia quando si accettano supinamente azioni orribili provenienti da obiettivi ancora più orribili come quella di frodare gli altri cittadini negando la giusta imposizione fiscale) una minoranza si elevi a "parte furba e intelligente". Bellissimo il lungo commento di Daniela.