La Costituzione Italiana, Art. 3 : Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

domenica 20 marzo 2011

Gli “Atomisti”


Ho l’impressione di vivere in un incubo: gli accadimenti, soprattutto degli ultimi 3 anni, sembrano, nella mia povera mente resa vulnerabile e sensibile dal protratto lavorare in condizioni umilianti, il preludio ad una catastrofe; considerando la scarsa attitudine dei potenti  a valutare l’impatto del loro agire in rapporto all’ambiente, otre che alla convivenza civile dei popoli (cosa della quale non potrebbe fregargliene di meno), il 2012 come data della fine del mondo non mi sembra più così astrusa.
La lettera di Celentano scritta al Corriere della Sera, che mi pare abbia avuto poco rilievo sui blog, a me invece è sembrata degna di nota, anche se ancora non ho avuto occasione di approfondire la chiosa finale riguardante Renzi, e che forse potrebbe essere ironica. Mi informerò dopo aver scritto questo post, tanto non è rilevante a questo fine.

La quantità di commenti negativi alla sua lettera al Corriere è rilevante, quanto lo può essere aver chiamato “ipocriti marci” Berlusconi e Casini; ma qual è la novità? La novità, se così si può chiamare, è che non ne ha sbagliata una (a parte quella di Renzi che ancora non conosco); infatti avere una centrale nucleare sul proprio territorio, per quanto si voglia dire, non è paragonabile al fatto di averne una a 250 Km in caso di incidente, e molto rilevante è anche il fatto che si debba ancora andare a votare su un argomento già votato, e che ha sancito l’avversione al nucleare dell’Italia. Feci un post oltre un anno fa, sempre su quest’argomento, ma purtroppo mi trovo a doverne scrivere ancora.
Dove stiamo andando? A parte verso una guerra nel Mediterraneo, voglio dire. Sono piuttosto pessimista: ho smesso di credere che ad un certo punto ci sarà una presa di coscienza da parte di tutti - anche da parte dei potenti - e ci si risveglierà finalmente dall’incubo della guerra/disastro ambientale/violazione dei diritti dell’uomo che, con un piccolo e semplice sforzo da parte di tutti i governi, sarebbe facilmente risolvibile.
Voglio citare un filosofo greco vissuto tra il 4° ed il 3° secolo a.c., Democrito.
Democrito sul mio libro

Questo filosofo, uno dei padri della filosofia “Atomista”(ma guarda il caso! Penso che si stia rigirando nella tomba), mi ha particolarmente colpito, anche se sono all’inizio del mio percorso volto allo studio della filosofia; percorso che ho iniziato con la lettura di un manuale scolastico prestatomi gentilmente da un amico. Gli atomisti avevano sviluppato un pensiero filosofico in un periodo storico chiamato dei presocratici, anche se, Democrito, che faceva parte ormai degli ultimi portatori di quel pensiero, cronologicamente era contemporaneo di Socrate (che fremo per leggere).
Democrito diceva, 2300 anni fa’: «Non devi aver rispetto per gli altri uomini più che per te stesso, ne agir male quando nessuno lo sappia più che quando lo sappiano; ma devi avere per te stesso il massimo rispetto ed imporre alla tua anima questa legge: non fare ciò che non si deve fare». Come dire, almeno per me questo è l’insegnamento, la mancanza di rispetto per gli altri implica la mancanza di rispetto per se stessi, e ciò che non si deve fare è esattamente ciò che arreca danno a qualcuno o a qualcosa, o infrange una legge. «Il bene non sta nel non compiere ingiustizie, ma nel non volerle». In questa frase si mette in risalto la volontà di perseguire il bene al di là delle azioni, che possono essere giuste, ma che senza la volontà precisa di giustizia prima o poi potranno cadere nell’ammettere l’ingiustizia come fine di bene, cosa inequivocabilmente errata. «Una vita cattiva ed insipiente non è un vivere male,ma un lungo morire». Questa frase si commenta da se. È la fase in cui gran parte del popolo italiano è suo malgrado relegato da una politica che sarebbe quasi auspicabile fosse inesistente.
Citando dal manuale di filosofia “la filosofia morale di Democrito fa dell’equilibrio e della misura il supremo ideale della condotta”, come parlare in marziano se lo si rapporta ai giorni nostri.
Il valore dell’Etica è immenso per la Civiltà; in una Civiltà i valori di uguaglianza, rispetto, diritti e doveri da rispettare sono imprescindibili, e credo sia per questo che vengono minimizzati ed elusi con vili sotterfugi in palese violazione etica, come, ad esempio, mantenere un’opinione pubblica male informata ed un livello di scolarizzazione basso.

Questo libro dovrebbe
 chiarire il concetto
Mi trovo ancora a dover dissertare sulla parola individualismo, perché se siamo in questa situazione è anche per questo motivo: il falso individualismo. Quello in cui ci vogliono far cadere non è individualismo perché non tiene conto di un’ampia fascia temporale nella quale misurare i vantaggi personali; vantaggi che ci possono essere solamente curando l’aspetto collettivo delle scelte, delle politiche, del vivere.
Bisogna solo far capire a chi ancora non ci è arrivato, che il falso individualismo personale nel quale ci fanno cadere, sta alimentando il degrado socio-culturale che ci porta inevitabilmente ad una perdita di diritti (come  già sta accadendo ad esempio nell’ambito lavorativo); sta alimentando le lobby economiche che, nonostante la crisi, si sono arricchite sempre più; sta alimentando la nostra caduta in condizioni peggiori rispetto a quelle che avremmo avuto perseguendo un ideale di individualismo vero con reali vantaggi personali, fatto di rispetto gli uni per gli atri, fatto di coesione sociale autentica.
Quelli che si lamentano e che non fanno nulla, che non alzano un dito - tanto per usare qualche metafora - per cambiare le cose, è come se mi stessero seduti sui testicoli.

mercoledì 2 marzo 2011

I “no” che aiuterebbero a crescere


Bob Kennedy - quelli come lui
li fanno fuori perché parlano così

Allora cominciamo. Dov’ero rimasto? Non lo so.
Ah! Le marce per i diritti dei lavoratori degli anni ’70. Lo statuto che sancisce un trattamento dignitoso per tutti i lavoratori; le lotte per conquistarlo con in prima linea i metalmeccanici che, a ben vedere, sono quelli che fanno il lavoro più duro. Anni di contrattazioni, intesa tra sindacati, compromessi con la controparte privata, la quale mai ha perso introiti a causa delle lotte; ha perso, semmai, solo un po’ del suo potere decisionale sulla vita dei suoi dipendenti. Ciò non toglie che possano aver continuato in speculazioni e ricatti, magari più in piccolo, perché le regole, finché si e stati uniti, erano più difficili da eludere.
Poi ricomincia un periodo un po’ più rilassato; il lavoro è merce preziosa, e quindi si trova sempre il modo di specularci sopra; il valore aggiunto di una professionalità raggiunta è gravemente minato alla base da una sempre improcrastinabile fame di crescita economica, infatti il problema della disoccupazione, anche se non grave come oggi, anche nei decenni scorsi era di non poco conto. Ma come mai le aziende devono, ogni anno, guadagnare più dell’anno precedente? Non potrebbero accontentarsi del guadagno normale, cioè la differenza che si ottiene vendendo un prodotto ad un prezzo più alto rispetto a quello che si è pagato per averlo, produrlo, progettarlo? Qua, io credo, entra in gioco la finanza, ovvero la sete di ricchezza privata. Già da anni, per ottenere l’inottenibile, si sono messi in opera comportamenti che, vuoi per la mancanza di una legislazione in materia che non lasci adito a dubbi, vuoi anche per la mancata applicazione di talune regole e/o leggi, verso le quali si è chiuso gli occhi - anche se spero che, piuttosto che questa seconda ipotesi, che riterrei più grave, si sia verificata la prima devastante eventualità - comportamenti, dicevo, che lentamente hanno eroso sempre più ampie aree professionali, pregiudicando anche la categoria imprenditoriale (mi riferisco a quella dell’artigianato, dei piccoli imprenditori e produttori) ma arrivando, anche se senza mai trascurarla del tutto, a minare gravemente la figura dell’operaio, dell’impiegato, del subordinato; il dipendente da 1000 euro al mese, insomma, che ormai è visto come un soggetto da spremere finché ce n’è. Siamo a questa fase a pieno titolo. Ormai i Contratti Collettivi Nazionali sono a firme separate per prassi: questo non perché, come qualcuno dice, c’è un sindacato su tre che dice sempre no; è vero il contrario, ovvero che gli altri sindacati, facendo prima la finta di proporre edulcoranti norme a favore dei lavoratori, poi accettano tutte le condizioni, anche gravemente lesive della dignità delle persone, che i privati, attraverso i loro sindacati di categoria, hanno minuziosamente stilato per spremere sangue dalla rapa che è il lavoratore dipendente. Il Governo tace; due, soprattutto due, tra i maggiori sindacati che comunque sono di minoranza, acconsentono. Chi sono i loro iscritti? Come mai non si svegliano per capire che stanno rubando il futuro anche a loro ed ai loro figli?
Ecco perché CGIL fa bene a dire no. Il rinnovo del Contratto Collettivo non può essere a senso unico, ed intaccare unicamente il salario ed i diritti di chi già percepisce uno stipendio al limite della soglia di povertà.

Cos’hanno da guadagnare CISL e UIL smettendo di fare quello per cui sono nate (difendere i lavoratori dipendenti)? Dichiarino anche loro di essere di parte: dalla parte dei privati; altre due organizzazioni sindacali che si vanno ad aggiungere alle oltre 20 che già curano gli interessi delle imprese a loro iscritte. Non ci sarebbe nulla di male se lo facessero; ma al contempo dovrebbero smettere di percepire la percentuale degli iscritti attraverso la busta paga, e che costituisce sicuramente un forte introito al quale, evidentemente, è difficile rinunciare.
L’attacco massiccio al tassello più debole della società è cominciato ormai da alcuni anni; e fa leva sulla divisione, sull’ignoranza, sulla paura. Paura di perdere il posto di lavoro; paura che è sempre più legittima anche grazie a questo tipo di contratti. E siamo al punto nevralgico del discorso. I sindacati asserviti in questo hanno il loro perché: agiscono per conto degli uni a favore degli altri; sono doppiogiochisti, e se vediamo chi sta perdendo questa partita, non possiamo non vedere chi la vince e quindi li possiede. Ecco la loro Ragion d’Essere. Cerchiamo di non cadere nel tranello che ci sventolano sotto al naso di un sindacato che dice sempre no; cerchiamo di guardare la cosa anche dal punto di vista di chi ci perde in questa contrattazione e ci accorgeremo che siamo in balia di chi dice sempre “sì” conducendoci a ritroso nel cammino di conquista dei diritti, collocandoci sempre più in fondo nella classifica dei paesi civili.